Ha ragione Massimo Franco a scrivere sul Corriere della sera che “la sindaca il vero contratto l’ha stipulato con gli elettori, non con Grillo e la Casaleggio associati“, ma un programma ambizioso e controcorrente come quello proposto dai grillini non si realizza soltanto con la capacità del sindaco e dei suoi collaboratori, per quanto di “altissimo livello”. Esige un forte sostegno politico, senza il quale gli ostacoli diverrebbero insormontabili e le resistenze conservatrici o mafiose difficilmente superabili. Privi di questo sostegno e di una collaborazione dialettica da parte del PD, Ignazio Marino e la sua giunta avrebbero prima o poi dato forfait anche senza le dimissioni dei consiglieri firmate davanti al notaio. Insomma, non vorrei che questo invito del direttorio alla Raggi ad agire in piena autonomia ma assumendosene tutta la responsabilità somigliasse a troppo a quello che le ha rivolto giorni fa il vice direttore di Libero, Franco Bechis. L’esortazione cioè ad un ruolo, suicida sia per lei che per il movimento, di “donna sola al comando”.
Se non bastano i trentamila attivisti del web, figuriamoci i cerchi o i “raggi magici”. Partito o movimento che sia, serve un soggetto politico organizzato e diffuso nel territorio, quello che il Partito democratico avrebbe potuto ma non ha saputo o voluto essere. Capace di mediare e trasmettere le idee, le proposte, le attese e, perché no, le competenze diffuse tra i cittadini.Voglio sperare che i Cinquestelle abbiano capito che per governare una città grande e malmessa come Roma l’onestà non basta. Bisogna avere un progetto e le risorse per realizzarlo. Non basta neppure riuscire a mettere insieme una squadra di tecnici esperti perché, come ci ricorda Nadia Urbinati, “essere un buon professionista non è lo stesso che essere un buon attore politico”. E la buona politica serve per cambiare la qualità del vivere a Roma, eccome se serve.
Ho scritto che l’onestà non basta ma se molti romani hanno votato per Virginia Raggi non è perché fosse una brava ragazza, carina per giunta, o perché i suoi presentatori fossero particolarmente simpatici. I romani hanno scelto i grillini perché contano o sperano, dopo gli scandali degli ultimi anni e tante delusioni subite dalla cattiva politica, di trovare in loro il disinteresse e soprattutto la determinazione necessaria a guarire l’amministrazione capitolina dall’inettitudine della burocrazia o gran parte di essa e dall’intreccio mafioso con poteri più o meno occulti che hanno succhiato finora energie e risorse destinate a risolvere i mali endemici della capitale, dall’igiene al decoro urbano, alla mobilità.
Un compito a cui i 5stelle si mostrano già inadeguati? Questi primi due mesi di sbagli e traccheggiamenti a Roma non bastano a dare sul movimento romano un giudizio definitivo, negando faziosamente ogni speranza di cambiamento. Offrono però lo spettacolo deludente di una lotta di fazioni già sperimentata con i vecchi partiti. E una mancanza di trasparenza che non ha messo finora chi sta fuori in condizioni di sapere e di capire. Perché è chiaro che non c’è vera democrazia senza il confronto di idee diverse, anche sulle scelte importanti per la città, purché non siano dettate da pregiudizi di corrente e da animosità personali. E specie quando non si tratta di questioni interne al movimento, tutto dovrebbe svolgersi alla luce del sole.