La Costituzione non si baratta. Michele Ainis non è, fra i costituzionalisti, il più critico nei confronti di Renzi e delle sue riforme. Al contrario, il PD aveva fino a ieri motivo di considerarlo tra i più benevoli. A maggior ragione dovrebbe approfittare di questi ultimi giorni prima del dibattito in aula per riflettere sui rischi che corrono governo e maggioranza con l’esame di costituzionalità dell’Italicum da parte di Mattarella prima e della Consulta poi. Non lo faranno, un decisionismo cieco ripetuto ormai come una formula del catechismo non lo consente e, come dicevano gli antichi, “quos vult Iupiter perdere dementat prius”. E il minimalismo delle preferenze di gran parte della minoranza non cambierebbe comunque la sostanza delle cose. “Gli oppositori dem – scrive oggi Ainis nel Corriere della Sera – vedono la pagliuzza, non la trave. Invece entrambi gli occhi di questa legge elettorale vengono accecati da due travi: di merito e di metodo. Perché in primo luogo alleverà un gigante con tanti cespugli, per riprendere l`espressione di Antonio Polito (Corriere, 8 aprile). L`Italicum premia il partito vittorioso, determina l`investitura diretta del premier, però con una soglia d`accesso al 3% spegne l`opposizione, la frantuma, le impedisce ogni funzione di controllo. Il voto diventa un plebiscito, il plebiscito muta i parlamentari in plebe”. La bocciatura verrà, conclude Ainis, da Mattarella prima o dalla Consulta poi. Ma fanno bene il senatore Mineo e i pochi altri parlamentari che la pensano come lui a dare ancora battaglia, non fosse altro che a futura memoria. Meglio tentare almeno di sciogliere i nodi prima che vengano al pettine (nandocan).
Oggi come 100 anni fa. il Papa va ripetendo che è in corso “una guerra mondiale a capitoli”. Lo scontro tra sunniti e sciiti ne è un capitolo. E nel 1915 guerra, scontro per il potere, industria della morte, imperialismo producono, come diversivo ed effetto collaterale, la persecuzione di chiunque sembri diverso. Perché caldeo o yazida o comunque cristiano in terra d’Islam o anche agnostico. “Recita il corano, se non ci riesci ti sgozzo”. Pulizia etnica preventiva in vista della guerra fra islamici. Ignavi i potenti aspettano per stare col vincitore. Francesco misura la sua solitudine e alza la voce.
Meno tasse? No, di più. È quel che pensano 4 italiani su 5, dice Nando Pagnoncelli. E per l’ottimismo di governo è un mezzo disastro. Hai voglia a dire che gli 80 euro e gli incentivi alle imprese sono riduzione d’imposte. Hai voglia a scrivere (Repubblica) che con il tesoretto trovato: “Il bonus sarà per 7 milioni di Italiani”. L’uomo della strada non vede miglioramenti, né ripresa, né corsa ai consumi, né servizi migliori. Così le tasse gli appaiono un sopruso, sia le nuove che quelle che lo raggiungono dal passato, perché non avrebbe pagato qualcosa 5 anni prima e gli spettano maggiorazione e penale. C’è un segnale nei sondaggi di Pagnoncelli. Il PD resta forte (per via della crisi degli altri partiti) ma la fiducia in Renzi soffre: da lui un 73% si aspettava meno tasse.
Le travi che accecano l’Italicum. Sulla prima pagina del Corriere, Michele Ainis bastona le minoranze PD. Non ha senso dire “senza correttivi all’Italicum non voteremo la riforma della Carta”, perché la Costituzione – spiega- viene prima e non si baratta. Né tantomeno si può sostenere (senza vergogna) che tutto si aggiusterebbe se qualche deputato in più fosse eletto con la preferenza. Trovo che abbia ragione Ainis: gran parte della minoranza PD non riesce a liberarsi di sciocchezze dette ed errori commessi: ha sbagliato Bersani a dire sì alla riforma costituzionale perché il Senato delle Regioni gli preleva farina della ditta. Sbaglia oggi chi non osa contestare l’impianto complessivo delle riforme (vedi il Caffè di ieri) perché premio di maggioranza e doppio turno suonano familiari in casa Pd.
Fin quando l’opposizione nasconderà le vere ragioni, Renzi avrà ragione. E le vere ragioni (del dissenso) dopo Polito, le ripropone Ainis: “L’Italicum premia il partito vittorioso, determina l’investitura diretta del premier, però con una soglia d’accesso al 3% spegne l’opposizione, la frantuma, le impedisce ogni funzione di controllo. Il voto diventa un plebiscito, il plebiscito muta i parlamentari in plebe”. Ed eleggeremo -aggiungo. solo sindaci governatori e premier. “Ma all’esame di Stato – scrive Ainis – l’Italicum troverà comunque Mattarella, e dopo di lui pure la Consulta. Meglio evitare bocciature”. Avrà ragione, ma preferisco intanto dare battaglia.