1,28 miliardi di euro contro gli 1,19 miliardi del 2016. Soldi destinati a finanziare l’impiego di 7.600 uomini, 1.300 mezzi terrestri, 54 mezzi aerei e 13 navali in decine di missioni attive in 22 Paesi, nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. Una difesa coordinata a livello europeo potrebbe garantire risparmi, oltre che maggiore efficienza? Per ora abbiamo solo la richiesta di Trump di una maggiore partecipazione alle spese della NATO da parte degli Stati UE. Il nostro governo risponde elencando le missioni militari italiane in giro per il mondo, che poi siano tutte ugualmente indispensabili la nostra opinione pubblica non è sempre messa in grado di verificare… (nandocan)
Nelle cento pagine dello studio vengono confrontati nel dettaglio i dati governativi con le stime degli autori. “La scelta metodologica di base è stata quella di considerare le risorse destinate dallo Stato, in varie forme, alla spesa militare e non la spesa effettivamente sostenuta, quindi il budget assegnato, non la sua gestione di cassa – spiegano gli autori -. Questo perché si è scelto di dare risalto alla scelta politica piuttosto che alla dinamica contabile, nella quale per altro entrano in ballo meccanismi (come ad esempio la re-iscrizione a bilancio consuntivo dei cosiddetti residui perenti) che rendono difficile soppesare le spese effettivamente ascrivibili all’anno considerato”. Il rapporto, quindi, mira a ricalcolare quelle che sono le spese militari effettive filtrando alcune voci, come ad esempio i costi relativi alle funzioni di polizia e ordine pubblico svolte dall’arma dei Carabinieri “considerando solo il costo relativo alle spese per i Carabinieri destinati all’impiego in attività di natura specificamente militare, vale a dire le missioni militari all’estero e le funzioni di polizia militare” e aggiungendone delle altre derivanti da altri dicasteri, come i finanziamenti destinati alle missioni militari all’estero “interamente a carico del ministero dell’Economia e delle Finanze, presso il quale dieci anni fa è stato istituito un apposito fondo missioni”.
Un lavoro certosino e complesso che mette in evidenza le discrepanze tra i dati e le affermazioni del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che in diverse occasioni (riportate nel testo) ha parlato di una riduzione delle risorse o soltanto di un mancato aumento. “L’andamento storico evidenzia una netta crescita fino alla recessione del 2009 con i governi Berlusconi III e Prodi II – si legge nel rapporto -, un calo costante negli anni post-crisi del quarto governo Berlusconi, una nuova forte crescita nel 2013 con il governo Monti, una flessione con Letta e il primo anno del governo Renzi e un nuovo aumento negli ultimi due anni. Prendendo in considerazione l’ultimo decennio (2008-2017), le spese militari italiane fanno registrare un aumento del 2,2 per cento a valori correnti a parità di rapporto spese/Pil”.
Tra i dati analizzati emerge soprattutto un “boom della spesa in armamenti”, cresciuta del “10 per cento nel 2017 e dell’85 per cento rispetto al 2006. “La spesa annua complessiva in armamenti nel 2017 supera i 5,6 miliardi (pari a otre 15 milioni di euro al giorno) – si legge nel rapporto – arrivando a rappresentare quasi un quarto della spesa militare complessiva”. Una spesa, spiegano gli autori, “sempre più a carico del Mise e finanziata con mutui onerosissimi con tassi del 30-40 per cento”. Aumenta anche la spesa per le missioni militari all’estero. “Lo stanziamento per le missioni 2017 – si legge nel rapporto -, deliberato dal Consiglio dei Ministri il 14 gennaio secondo la nuova legge quadro entrata a vigore lo scorso 31 dicembre, ammonta a 1,28 miliardi di euro, con un aumento di circa il 7 per cento rispetto agli 1,19 miliardi del 2016”. Il testo contiene anche un approfondimento sui costi reali degli F-35 che, nonostante le tante critiche, hanno visto un “aumento di budget da 13 a 14 miliardi complessivi”.
A giustificare l’aumento delle spese militari, secondo Piovesana e Vignarca, spesso vengono chiamate in causa tematiche come la lotta al terrorismo, il contrasto della criminalità e il controllo dell’immigrazione. Per gli autori, però, si tratta di giustificazioni “discutibili”. “La lotta al terrorismo dopo un attentato dell’Isis, il controllo dell’immigrazione dopo l’affondamento di un barcone nel Mediterraneo, il contrasto alla criminalità dopo un grave fatto di cronaca nera sono tutte argomentazioni che, se obiettivamente analizzate, risultano non rispondenti alla realtà”. Sostenere che gli F-35 possano servire nella lotta al terrorismo, spiega il testo, “non è solo falso, ma deleterio in termini di sicurezza nazionale”. Così come è falso, per gli autori, sostenere che le “nuove navi da guerra della Marina servono per soccorrere i profughi del Mediterraneo”. Per gli autori, bastano “navi appositamente attrezzate per il recupero in mare e il primo soccorso, coordinate da mezzi aerei e satellitari per il pattugliamento: in una parola, il tipo di mezzi aero-navali in dotazione alla Guardia Costiera, non a caso marginalizzata nelle operazioni in Mediterraneo”. Autori scettici anche sull’uso delle forze armate sul territorio nazionale contro la criminalità, come nel caso dell’operazione Strade sicure. Operazioni che per gli autori servirebbero soltanto ad “aumentare la sicurezza percepita sottraendo ingenti risorse (120 milioni di euro nel 2017) che qualora fossero assegnate alla Polizia consentirebbero invece di aumentare la sicurezza reale dei cittadini”. (ga)
© Copyright Redattore Sociale, il grassetto è di nandocan