“Un comportamento sostanzialmente equilibrato da parte di quasi tutte le emittenti”. Così l’AGcom, Autorità per le comunicazioni, che ha esaminato i dati di monitoraggio relativi al periodo di campagna referendaria 28 settembre – 16 ottobre. “Complessivamente i tre tg hanno dato esatta parità di parola al Sì e al No su 91 minuti di tempo complessivo: 46,6% a testa per le due posizioni”. Questo secondo un criterio quantitativo, il solo che l’AGcom sia preoccupa di seguire, ma per quanto riguarda la qualità? Vincenzo Vita spiega nell’articolo che segue, pubblicato stamani da Articolo 21, tutta la differenza. Per quanto riguarda gli argomenti diversi dal referendum, l’Autorità ha adottato invece dei provvedimenti di richiamo nei confronti di Rai, Mediaset, Sky e La7 perché limitino per l’avvenire la presenza dei rappresentanti del governo e del presidente del Consiglio e garantiscano un adeguato contraddittorio tra le diverse forze politiche. Ha inoltre rivolto rivolto una raccomandazione generale a tutte le emittenti ad ampliare il tempo dedicato all’argomento referendario. Per il Tg1 il direttore Orfeo ha finalmente annunciato “otto serate in access prime time con duelli tra fronte del Sì e fronte del No” e “puntate speciali di format già esistenti, come Porta a porta e altri”. (nandocan)
Scomparse o ridotte a riempitivo, invece, le notizie hard sul brusco calo dei contratti a tempo indeterminato, sull’aumento dei licenziamenti, sul triste primato dei voucher del nuovo schiavismo. O, più ancora, sull’impressionante aumento delle povertà. L’informazione, insomma, è assai manipolata e il referendum è fatto vivere come un immaginifico toccasana: lo spettacolo della politica al massimo della sua espressione.
I regolamenti sulla campagna referendaria varati dall’Agcom e dalla Commissione parlamentare di vigilanza sono, purtroppo, una stanca riedizione dei loro omologhi precedenti. Peccato che qui non si tratta di un periodo elettorale delimitato, bensì di otto mesi di contesa sui valori fondanti della democrazia. Ad esempio, lo spot illustrativo del governo, che va avanti imperterrito ancorché sia una forma di pubblicità ingannevole, dovrebbe essere curato da un’entità autonoma e indipendente, non dagli uffici di Palazzo Chigi. Così, la verifica dei tempi assegnati ai due schieramenti mediante le apposite tabelle richiede tempestività e non la cadenza di quattordici giorni. Così, soprattutto in prossimità del voto, le possibilità di riequilibrio in caso di violazione della par condicio svaniscono completamente. Le sanzioni arrivano, cioè, per i posteri.
Ecco perché è indispensabile una giornata di lotta e di risveglio delle coscienze, con manifestazioni, proteste pubbliche e sit in. In accordo con le organizzazioni sindacali che stanno giustamente protestando contro il ricorso della Rai agli appalti esterni per diverse trasmissioni, mortificando le risorse interne. Quanto al servizio pubblico, affidato ad un amministratore delegato preso dal mercato, è curioso che non si sia levata alcuna voce, quando Renzi ha annunciato la diminuzione del canone per il prossimo anno di dieci euro: 180 milioni in meno. Comincia lo spezzatino?