Dal Redattore sociale, a 25 anni dall’entrata in vigore della legge che vieta l’esportazione di armi in zone dove sono in corso conflitti, i dati della Rete Italiana Disarmo. Il Parlamento ha concesso autorizzazioni per 54 miliardi di euro. Le armi made in Italy finiscono in 123 nazioni. Meno di un mese fa, parlando a braccio durante un’omelia in piazza San Pietro, Papa Francesco è intervenuto sull’argomento con una severità che non ha precedenti: “Sono sicuro – ha detto – che se faccio la domanda: quanti di voi siete fabbricatori di armi? Risponderete: Nessuno! Questi non vengono a sentire la parola di Dio, questi fabbricano armi e sono mercanti di morte. Che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio. Chi è servo del potere, chi fabbrica le armi non sarà mai felice nell’aldilà. Potere e vanità non ci promettono nulla!”. Personalmente non credo all’inferno, se non a quello che quei signori, vadano o non vadano in chiesa, si affannano a creare su questa terra. (nandocan).
Per Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’istituto di Ricerche internazionali Archivio Disarmo: “la nostra legge nata in modo egregio e che ha ispirato la legislazione internazionale è stata applicata nel modo peggiore”. Con le modifiche più recenti alla legge, sarà più difficile capire dove finiscono le nostre armi: “Chiediamo la trasparenza dei documenti. L’export militare italiano dovrebbe essere in linea con la politica estera del nostro Paese, ma negli ultimi anni la direzione è stata principalmente quella degli affari”, afferma Vignarca, presidente di Rete Disarmo. “La perdita di trasparenza avvenuta soprattutto negli ultimi anni mina alla base un controllo che invece, su un tema delicato come quello dell’export militare, è fondamentale per la nostra politica estera e per la responsabilità dell’Italia nei confitti”.
Secondo i dati Istat nel 2014 le esportazioni italiane di questi micidiali strumenti sono state pari a 453 milioni, leggermente inferiori a quelle dell’anno precedente, ma superiori alla media delle esportazioni del decennio. L’industria italiana delle armi sembra non soffrire i colpi della crisi. La produzione di armi dà lavoro a migliaia di operai nella zona della Val Trompia (provincia di Brescia). Purtroppo però, nonostante le leggi italiane e internazionali, pistole e fucili finiscono in paesi dove infuria la guerra o dove i diritti umani non sono garantiti come in Ucraina, Russia, Colombia e Messico. Al primo posto tra i paesi importatori di armi leggere italiane ci sono gli Stati Uniti con il 42% del totale. Fino all’anno scorso i soldati americani avevano in dotazione una pistola Beretta, la famosa M9. Negli Stati Uniti il possesso di armi per uso di difesa personale è un diritto garantito dalla Costituzione. (Maria Gabriella Lanza)
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