Non credo neppure che, come commenta sullo stesso quotidiano Francesco Manacorda, accogliere in pieno le richieste del sindacato voglia dire “buttare via il bambino delle riforme assieme all’acqua sporca degli eccessi”. Come per altri interventi sul lavoro inaugurati dal pacchetto Treu – apprendistato e contratti a termine di vario tipo – la buona intenzione di favorire per mezzo dei voucher l’emersione del lavoro nero è stata in questi anni fuorviata e tradita, grazie anche a politiche che ne hanno progressivamente esteso l’uso a ogni tipo di attività e settore produttivo. Dei 10 euro di cui è composto il voucher, 7,5 sono netti e 2,5 da dividere tra INAIL e Gestione separata INPS più un 5% che va al concessionario per il rimborso del servizio. Il contributo previdenziale all’INPS è utile solo per la pensione, ma anche questo in teoria. Perché, considerata la difficoltà di accumulare una cifra decente con una contribuzione così bassa, i benefici che ne traggono i lavoratori per la vecchiaia sono di fatto insignificanti. E con i voucher non si prevedono ferie, malattie, maternità, tredicesima, quattordicesima e a indennità di disoccupazione. Il lavoratore può essere sempre licenziato perché non è mai stato assunto.
Non c’è nessun obbligo contrattuale per il datore di lavoro. Al di là del massimale previsto per il reddito annuo non è garantita alcuna corrispondenza tra tempo e denaro, tra ore lavorate e retribuzione. Centinaia di milioni di voucher venduti in questi anni dimostrano che la legge lascia tutto lo spazio possibile per un utilizzo indiscriminato. Accade abitualmente che una parte anche notevole del lavoro venga pagata in nero, al di fuori del voucher, e che si lavori senza orari e senza garanzie. La disonestà dei datori di lavoro non viene legittimata ma di sicuro favorita. Anche un’impresa senza dipendenti, come sarebbero quelle previste dal più recente accordo parlamentare peraltro respinto dalla CGIL, può permettersi di sfruttare lavoratori “usa e getta”, magari per pagare le ore di straordinario. Se fossi un marxista direi che i voucher sono l’ultima formula inventata per asservire il lavoro ai tempi, ai metodi e alle necessità del capitale.
Per chiunque vede nel profitto delle imprese l’unica garanzia di prosperità economica e di sviluppo sociale, la deregulation è una strada obbligata. There Is No Alternative (TINA), non c’è alternativa. La sinistra non può seguirli senza rinnegare se stessa e tenta di imporre delle regole. Ma, ahimè, senza curarsi troppo che vengano rispettate. Fatta la legge, trovato l’inganno. Così è accaduto anche per un mucchio di voucher. Altro che “buttare via il bambino delle riforme”. Ci sarà un motivo se non si è riusciti a fare finora una normativa decente contro la corruzione. Anche se questa probabilmente non basterebbe. L’illegalità diffusa in un paese come il nostro e la difficoltà oggettiva, quando non programmata, di assicurare controlli adeguati vorrebbero che di esse il legislatore tenesse conto nella formulazione di ogni articolo di legge. Ma accade esattamente il contrario.
Scrivi: “Centinaia di milioni di voucher venduti in questi anni dimostrano che la legge lascia tutto lo spazio possibile per un utilizzo indiscriminato.”
Il presidente dell’INPS fa notare che lo 0,4% del lavoro italiano è passato attraverso i voucher. Sono uno strumento interstiziale. Giustamente, se la legge lascia spazio per un utilizzo sbagliato, sarebbe giusto migliorare la legge, perché alle volte, l’uso dei voucher serve.
L’inutilizzabilità ai fini della pensione è un falso problema. Deriva non dai voucher, ma dallo stato di endemica disoccupazione. E serve anche per non creare convenienza per il lavoro avventizio. Giusto che sia uno dei costi dell’acquisto di un voucher.
Dalla destra cattolica alla sinistra sedicente radicale, la mancanza di idee fa ricorrere a battaglie che si vogliono simboliche e di bandiera, che non servono a niente se non a nascondere la scarsità di idee o di appeal verso le idee che si professano.
La questione dei voucher è un esempio. Basterebbe introdurre dei correttivi.
Anche il Renzi Belzebù è un esempio. Tant’è che – come lo stesso Renzi ha fatto giustamente notare – le storture dei voucher sono state introdotte da uno di quei governi sostenuto dal PD quando era segretario Bersani.
Grazie Andrea. Le storture dei voucher sono state introdotte come tu dici col consenso del Pd guidato da Bersani e aggravate dai governi successivi, compreso quello di Renzi che ne ha esteso l’applicabilità.E il boom del 2016 ne è la conferma.
Scrivi: “Centinaia di milioni di voucher venduti in questi anni dimostrano che la legge lascia tutto lo spazio possibile per un utilizzo indiscriminato.”
Il presidente dell’INPS fa notare che lo 0,4% del lavoro italiano è passato attraverso i voucher. Sono uno strumento interstiziale. Giustamente, se la legge lascia spazio per un utilizzo sbagliato, sarebbe giusto migliorare la legge, perché alle volte, l’uso dei voucher serve.
L’inutilizzabilità ai fini della pensione è un falso problema. Deriva non dai voucher, ma dallo stato di endemica disoccupazione. E serve anche per non creare convenienza per il lavoro avventizio. Giusto che sia uno dei costi dell’acquisto di un voucher.
Dalla destra cattolica alla sinistra sedicente radicale, la mancanza di idee fa ricorrere a battaglie che si vogliono simboliche e di bandiera, che non servono a niente se non a nascondere la scarsità di idee o di appeal verso le idee che si professano.
La questione dei voucher è un esempio. Basterebbe introdurre dei correttivi.
Anche il Renzi Belzebù è un esempio. Tant’è che – come lo stesso Renzi ha fatto giustamente notare – le storture dei voucher sono state introdotte da uno di quei governi sostenuto dal PD quando era segretario Bersani.
Grazie Andrea. Le storture dei voucher sono state introdotte come tu dici col consenso del Pd guidato da Bersani e aggravate dai governi successivi, compreso quello di Renzi che ne ha esteso l’applicabilità.E il boom del 2016 ne è la conferma.