Ragionevole, no? Ma il Papa non tiene conto del fatto che le pensioni, anche con il sistema contributivo, costano oggi allo Stato più di quanto potrebbe ricavare tassando le miserabili retribuzioni del lavoro precario e ancor più del lavoro nero. E chi per garantire il pareggio del bilancio non vede altra soluzione che tagliare la spesa pubblica piuttosto che imporre inesorabilmente a tutti la progressività delle tasse, che cos’altro può fare se non alzare l’età pensionabile? E’ vero, ci sono le “pensioni d’oro”, ma non sono abbastanza per risolvere il problema. Il Papa, però, che è meno pragmatico dei governi di centrosinistra, sostiene che le pensioni d’oro “sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni”.
Allora? Altro che riformismo e politica dei bonus. “È allora urgente – dice il Papa – un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare. Il dono del lavoro è il primo dono dei padri e delle madri ai figli e alle figlie, è il primo patrimonio di una società. È la prima dote con cui li aiutiamo a spiccare il loro volo libero della vita adulta”.
E chi dovrebbe farsi promotore di questo nuovo patto sociale se non i sindacati? Infatti Papa Francesco ce ne ha anche per loro. “Nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri, che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile. E invece, se manca questa tipica e diversa dimensione, anche l’azione dentro le imprese perde forza ed efficacia”. E se il mondo del lavoro è in rapida trasformazione, a maggior ragione, occorre rivedere gli schemi dell’economia di mercato, che ormai da tempo ha cessato di essere “sempre e solo al servizio dell’uomo” come sempre ha predicato la Chiesa. E come, aggiungo io, è scritto a chiare lettere nella nostra Costituzione. “Diciamo economia sociale di mercato, come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II: economia sociale di mercato. L’economia ha dimenticato la natura sociale che ha come vocazione, la natura sociale dell’impresa, della vita, dei legami e dei patti.”