Non sorprende che il cinismo politico di Netanyahu si sposi facilmente con quello della destra antisemita di Orban e Salvini. Lascia perplessi invece che la gran parte della diaspora europea, se si esclude quella ristretta fascia di intellettuali che dentro e fuori Israele onora la cultura ebraica nel mondo, abbia ancora difficoltà a prendere le distanze da un governo illiberale e corrotto come quello israeliano che non esita oggi ad accompagnarsi con i peggiori nemici della sua storia e dei suoi valori (nandocan)
Benyamin e Viktor (Orban), amici collaudati
Netanyahu amico personale con Viktor Orban, e «stretto alleato» dello Stato ebraico. Lo ha ripetuto a chi gli faceva notare l’antisemitismo strisciante del premier ungherese. Netanyahu ad ebraismo elastico, dopo aver trasformato Israele in uno stato confessionale, ha recentemente scelto di ignorare il tentativo di Orban di riabilitare Miklos Horthy, il leader ungherese durante la seconda guerra mondiale responsabile della deportazione di centinaia di migliaia di ebrei. Deportazione e sterminio, tanto per non minimizzare.
Torniamo a Michele Giorgio. «In più occasioni Netanyahu ha fatto capire che per lui è importante solo l’appoggio che Israele può ottenere dai governi stranieri. E pertanto non tiene conto del loro colore e delle loro politiche, anche quando sono repressive e antidemocratiche. Il brasiliano di estrema destra Bolsonaro e Orban gli vanno benissimo. Così come l’italiano Matteo Salvini, accolto con grandi onori lo scorso dicembre in Israele, perché esalta l’identità etnica, il rifiuto dei migranti, dei musulmani, del diverso. Ideologicamente affini».
Contro la politica Ue in Medio Oriente
L’interesse di Israele soprattutto se i rapporti con questi ‘leader contro’, possono intaccare alcune delle politiche dell’Ue in Medio Oriente. Ovviamente a incasso nazionalistico della destra israeliana attuale. A cominciare dal pur blando sostegno all’indipendenza palestinese – ormai una sorta di giaculatoria da ripetere nei riti della liturgia politica – per finire col contestatissimo appoggio europeo all’accordo sul programma nucleare iraniano dal quale l’Amministrazione Trump è uscita a maggio con nuove sanzioni contro Tehran.
A Gerusalemme anche il polacco Mateusz Morawiecki che aveva minacciato di rimanere a Varsavia dopo le dichiarazioni di Netanyahu sulla partecipazione attiva dei polacchi all’Olocausto. Ma nelle ultime ore la crisi si è stemperata. Meno Auschwitz e più real-politik. La nuova querelle fra Israele e Polonia riprende quella del 2018, dopo l’approvazione da parte del parlamento di Varsavia della legge che imponeva sanzioni o la reclusione fino a tre anni per l’attribuzione alla nazione o allo Stato polacco di responsabilità nei crimini nazisti.
Vertice sovranista e diaspora europea
Giorgio Gomel, di Jewish Call Italia, oltre agli interessi politici immediati già detti, denuncia «una affinità elettiva sul piano ideologico fra il Likud di Netanyahu e alcuni di questi partiti che esaltano l’identità etnica, il rifiuto degli immigrati, l’intolleranza del diverso. Un’Europa attraversata da nazionalismi e dominata da Le Pen, Orban e Salvini non sarebbe certamente benefica per Israele. Gli storici del Museo della Shoah hanno condannato i tentativi di esonerare il regime fascista di Horthy dalle colpe nello sterminio degli ebrei ungheresi».
«Gli uomini di Orban, i dirigenti polacchi e la destra israeliana sono fatti della medesima pasta -denuncia Zeev Sternhell, autorevole storico israeliani – Sono attivamente impegnati a liquidare l’ordinamento liberale. Lottano contro i diritti umani e la separazione delle istituzioni, puntano a un regime dove tribunali, mass media, istituzioni culturali, mondo accademico e società civile siano sottoposti tutti al potere. Tre quarti di secolo dalla guerra mondiale, personalità della Destra nazionalista, odiatori dell’illuminismo indicati come i nostri fratelli».