Quanto all’organizzazione, basta leggere lo statuto e i regolamenti applicati in questi giorni per rendersi conto che l’ordinamento attuale sembra costruito apposta per impedire agli iscritti di contare qualcosa nei processi decisionali. E di fatto, una volta eletto nelle primarie aperte agli elettori, il dirigente non ha nessun obbligo di confrontarsi e rispondere alla sua base fino alle primarie successive. Con liste bloccate di finti “delegati” nominati dai candidati leader per tutti gli organi collegiali, da quelli di circolo a quelli di federazione a quelli delle pletoriche assemblee dove una vera discussione è impossibile e si può solo approvare (o teoricamente dissentire tra i nominati di questo o quel leader). In sintesi si può dire che tutta l’organizzazione del partito è fondata sul criterio del “prendere o lasciare”. Agli iscritti rimane il lavoro dei “gazebo” e della propaganda elettorale o poco di più. Altro che “mobilitazione cognitiva” e flusso continuo di idee e di proposte tra vertici e base.
La democrazia delle primarie, che in tanti abbiamo voluto per rinnovare il partito in funzione del bipolarismo, è di fatto fondata sulla emarginazione degli iscritti e sulle ceneri della democrazia interna del partito. Ecco perché il PD deve essere “rivoltato come un calzino”, come ha ammesso Fabrizio Barca ad una mia modesta considerazione in tal senso. Ecco perché questa rivoluzione può partire soltanto dai circoli che, grazie anche al “viaggio in Italia” dell’ex ministro dell’integrazione territoriale, cominceranno a riappropriarsi del loro ruolo di mediazione col territorio, aprendo ai cittadini elettori e collaborando con questi ultimi alla elaborazione di idee e proposte politiche, molto più che mettere semplicemente una croce accanto a un simbolo o a un nome. Fino ad allora continuerà purtroppo a vincere chi riesce più e meglio a dominare lo spazio mediatico, dove l’oligarchia ha collocato di fatto politica e democrazia. Alle primarie aperte dell’8 dicembre Fabrizio Barca non avrebbe vinto e in ogni caso non avrebbe avuto forza e numeri per cambiare il partito.
Nando, sulla gestione e l’organizzazione del partito hai ragione da vendere. Per quel che riguarda le elezioni dei segretari di federazione, ho girato qualche circolo, in questi giorni, per sostenere la candidatura di Lucia Zabatta alla segreteria romana del Pd. E ho raccolto esattamente le impressioni che tu denunci: iscritti delusi, se non indignati, per le modalità previste, file di iscritti fino all’ultimo minuto per votare e il deserto durante la presentazione delle mozioni e del dibattito, perfino il presidente della commissione, Piero Latino, che non conosce il regolamento che ha contribuito a stilare. Su quest’ultimo fatto ho scritto un post sulla pagina Fb del PD Roma, ma il risultato è stato, come prevedibile, deludente.
Non so se sono più furioso o disgustato.
Aspetto il congresso nazionale e poi Barca. Poi non darò più nessuna opportunità a ‘questo’ Pd. Non merita la fiducia che gli ho dato.