La sopraffazione è scritta nel dna della mafia, dunque nessuna sorpresa. Ma non vedo come, visti i precedenti in materia, il vescovo o il parroco possano consentire il passaggio di una processione sotto le finestre di un boss senza accettare il rischio che una manifestazione di pietà religiosa degeneri in un vergognoso omaggio al crimine organizzato. A questo punto sospendere le processioni mi sembrerebbe, in presenza di questo rischio, un atto dovuto. E’ quanto chiede su articolo 21 Paolo Borrometi, giovane cronista dell’agenzia Italia, sotto scorta da un paio d’anni a seguito di un’aggressione fisica e di ripetute minacce per inchieste sulla mafia della Sicilia sud orientale. Qualche mese fa il presidente Mattarella lo ha premiato, insieme ad un’altra cronista minacciata, Federica Angeli della redazione romana di Repubblica, con la croce di cavaliere (nandocan)
***di Paolo Borrometi, 4 giugno 2016 – Passa per le vie di Corleone, la roccaforte dei Riina e dei Provenzano, l’ennesimo scempio alla sensibilità dell’essere cristiani (ma anche laici). L’ennesimo vergognoso inchino alla mafia. L’ennesimo stupro ad un popolo che appare quasi rassegnato.
La processione di San Giovanni Evangelista, al suono della campanella del confrate, si ferma sotto il balcone di Ninetta Bagarella, moglie del “capo dei capi”, Totò Riina e sorella del malacarne Leoluca Bagarella, ed effettua un inchino. Ninetta, accanto alle sorelle, sorride e risponde con un cenno col capo.
I rappresentanti delle Forze dell’Ordine lasciano la processione e la Procura di Palermo apre un fascicolo d’indagine sull’accaduto. La responsabilità dell’episodio viene subito attribuita ad uno dei portatori, cugino della Bagarella, Leoluca Grizzaffi.
Al di là delle mere responsabilità dell’accaduto, è un ripetersi incessante di episodi che nulla hanno a che vedere con la religione. Una vera e propria “Via Crucis” che i devoti delle mafie – non della religione – stanno portando avanti da tempo. Mentre Papa Francesco elogia la legge che confisca i beni ai mafiosi, nessuno interviene per evitare che si continuino a consumare episodi del genere.
E’ arrivato il momento di prendere decisioni – forse impopolari – ma che pongano fine a questo stillicidio: fermare le processioni, in particolar modo in luoghi “particolari”. Come già si è fatto, del resto, in Calabria.
Don Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo ma prima ancora straordinario pastore, siamo certi non mancherà di far sentire la propria indignazione. Adesso, però, ci vuole qualcosa in più. La Chiesa siciliana deve arginare questi episodi e non può che farlo sospendendo le processioni. In una terra dove i simboli sono tutto, l’inchino alla Bagarella ha una strategia ben precisa: continuare nel solco dell’intervista a “Porta a Porta” del figlio, Riina junior.
In un momento di vuoto di potere, i corleonesi stanno cercando di riaccreditarsi, soprattutto all’esterno, per far comprendere come a comandare (e soprattutto ad ottenere il “rispetto” dalla gente) siano ancora loro. Non possiamo permettere che ciò continui. Non possiamo per la memoria sanguinante di chi, la lotta alla mafia, l’ha combattuta al prezzo della propria vita.