Ci è riuscito sfruttando abilmente il consenso del ceto medio cattolico moderato, le simpatie dei “poteri forti” e di gran parte del sistema mediatico, ma soprattutto le primarie “aperte” imposte agli iscritti, che, al modico prezzo di due euro + un’autodichiarazione, permettevano anche ad elettori di centrodestra di facilitargli la scalata al potere. Poi, con l’aiuto di uno statuto verticistico e ultramaggioritario introdotto da Veltroni, ha gradualmente ma inesorabilmente operato una trasfusione di sangue a tutto il partito. E mentre scappavano, senza destare preoccupazione, iscritti ed elettori delusi da una politica ostile ai sindacati e molto apprezzata da Confindustria, Matteo cercava di compensare le perdite con i simpatizzanti di Alfano, di Verdini e di Berlusconi, sperando di sostituire questi ultimi nel consenso elettorale.
L’esito del referendum sulla “deforma” costituzionale e una serie di sconfitte alle parziali amministrative ha fatto capire che non sarebbe andata così. E che volendo rottamare la sinistra, Renzi avrebbe finito col rottamare l’intero Pd, magari illudendosi di sostituirlo, sull’esempio francese di Macron, con un partito personale. Lo ha fatto capire a tutti meno che alla minoranza interna che, con le eccezioni di Civati e Fassina e dei rispettivi sostenitori , ha resistito fino all’estremo nella speranza di indurre Renzi a modificare, almeno in parte, la linea del partito e la politica di governo. Di convincerlo insomma ad abbandonare un ostinato atteggiamento di irrisione e di chiusura nei loro confronti. La scissione di Articolo 1 MdP è arrivata. Purtroppo in ritardo per riuscire a recuperare, prima delle prossime elezioni politiche, la fiducia dei milioni di lavoratori che votavano un tempo a sinistra. Sappiamo che molti di loro continuano a riporre fiducia nelle promesse dei Cinque Stelle. Personalmente non credo che prima del 5 marzo sarà possibile cambiare idea per chi, come me, giudica incerto e inadeguato il loro contributo dato in questi anni alle istituzioni.
“Liberi/e e Uguali” è, per il programma (che allego) e la serietà dei suoi candidati, la sola formazione che può offrire una speranza di riscatto a chi intende ancora lottare per un superamento delle gravi disuguaglianze cresciute con le politiche di questi anni.