Tuttavia Massimo Cacciari sembra aspettarsi ancora dal Pd quello che il Pd non può dare, perché neanche la buona volontà di Zingaretti può far sì che il partito, con una maggioranza dei parlamentari renziana e un uomo della Confindustria come Calenda a guidare oggi la campagna delle Europee, smetta di comportarsi come una forza politica moderata. Il partito di massa che sogna Cacciari potrebbe solo nascere da un “soggetto nuovo” della sinistra, capace di recuperare e rappresentare i milioni di elettori che negli ultimi anni sono rifluiti, più o meno convintamente, nell’elettorato dei Cinque Stelle o si sono rifugiati nell’astensione. E’ il compito, tutt’altro che facile, che avrebbero potuto tentare gli scissionisti e le altre forze minori della sinistra se fossero stati capaci di superare non tanto il loro radicalismo, che non mi pare oggi il peggior difetto rimproverato dai cittadini, quanto l’astrattezza ideologica e soprattutto i personalismi e le meschine gelosie di potere che condannano sempre all’irrilevanza nella competizione politica. Perché, diciamolo, un impegno serio per l’unità, magari con la scusa del sistema elettorale, non si è ancora visto. C’è ancora il tempo di rimediare?
Della necessità di un nuovo soggetto politico non si è cominciato a parlare allo sfortunato e affollatissimo incontro guidato da Tomaso Montanari e Anna Falcone al teatro Brancaccio di Roma, il 21 giugno del 2017. Cinque anni prima, nell’aprile del 2012, lo storico Paul Ginzborg, del quale abbiamo ricordato pochi giorni fa l’elezione alla presidenza dell’associazione “Libertà e Giustizia”, aveva riunito al PalaMandela di Firenze un migliaio di cittadini per la prima assemblea nazionale ispirata al “manifesto per un’altra politica nelle forme e nelle passioni”, firmato anche da noti esponenti della cultura di sinistra come Stefano Rodotà e Luciano Gallino. L’assemblea aveva anche scelto il nome del nuovo soggetto: ALBA, acronimo di Alleanza per Lavoro Beni comuni e Ambiente.
“Da anni chiediamo ai partiti di autoriformarsi”, aveva spiegato il professor Ginsborg in quella occasione. “Abbiamo organizzato manifestazioni, dibattiti, girotondi, appelli ma niente di quello che abbiamo detto è stato ascoltato. E allora tocca a noi scendere in campo, portando idee e proposte con l’obiettivo di unire la sinistra e allo stesso tempo stimolarla a rimettere al centro dell’attenzione le regole della democrazia e i temi del lavoro e della tutela dei diritti. Il Pd non ci teme, siamo troppo piccoli. Mi ha chiamato un dirigente per chiedermi se facciamo sul serio. Certo che facciamo sul serio, siamo molto motivati e anche arrabbiati per quello che sta accadendo in Italia. Ma la nostra parola guida è mitezza: la forza degli argomenti e del ragionamento deve prevalere sempre nella discussione politica”.
Nell’inviare la mia adesione al manifesto, l’accompagnai con un commento pubblicato su “nandocan magazine” proprio sette anni fa, il 29 aprile 2012.
“Quella “partecipazione dal basso sempre più formata politicamente” che il manifesto giustamente auspica è davvero compatibile con il tempo libero a disposizione della stragrande maggioranza degli italiani? Per la “democrazia delle chiacchiere” forse sì, ma per un’azione politica efficace, capace di competere con i professionisti organizzati nella casta, temo di no. Non tanto sul piano della preparazione, che anche nel palazzo è spesso carente, ma su quello della determinazione. Il muro di gomma vince perché è più organizzato e determinato. “La passione, la trasparenza e l’altruismo” bastano a fondare un movimento…Il problema è come passare dalla protesta e dall’azione dimostrativa a iniziative capaci di orientare e determinare le scelte politiche in sede istituzionale. Queste richiedono una presenza e un impegno costanti che solo il professionismo è stato finora in grado di assicurare”.
Sette anni e sembra un secolo ma siamo ancora a quel bivio, per il quale Fabrizio Barca indicava, inascoltato purtroppo, una soluzione concreta. Anche Rosa Bindi chiedeva un partito “democratico davvero”, ma i capi corrente continuavano a non mollare la presa. Pierluigi Bersani era ancora il segretario. Alla Leopolda, Renzi parlava di rottamazione ma non era ancora arrivato a far danni. ALBA, come è noto, ebbe vita breve. A quando la prossima?