***di Massimo Marnetto, 23 luglio 2020 – “Nella riformulazione delle imposte sulle persone fisiche si dovrebbe abbandonare il mito della progressività a scopi redistributivi: meglio redistribuire con il welfare e gli investimenti pubblici, favorendo efficienza e semplicità del sistema tributario”. Lo ha scritto Alessandro Penati, opinionista di lungo corso su Il Sole24Ore.
Io non sono d’accordo. Vorrei ricordare a questo opinionista che la progressività non è un mito, ma un principio costituzionale (art. 53). Che serve a far pagare più tasse a chi ha più ricchezza. Soldi che il fisco passa alla pubblica amministrazione per erogare i servizi pubblici. Tra cui il welfare, che lo studioso invece pone incomprensibilmente come alternativa alla redistribuzione, mentre ne è un effetto.
Sono invece d’accordo con lui sulla necessità di efficienza e semplicità del sistema tributario, a patto che questo non sia un riferimento alla “tassa piatta”. Quella che piace tanto ai ricchi perché si scarica con più impatto sui poveri. Un’ultima notazione: l’articolo è apparso su Repubblica, non su Il Sole24Ore. E questo mi ha rattristato.
Fin qui Marnetto. Che un economista liberista come Alessandro Penati, editorialista per molti anni de “La Repubblica”, abbia ripreso a scrivere i suoi editoriali sul quotidiano romano della Fiat non dovrebbe sorprendere il nostro amico. Nè si può accusare il professore-finanziere, già presidente del Fondo Atlante, di incoerenza. Ecco ad esempio quanto scriveva nel novembre del 2017, sempre sulla Repubblica, a commento della crisi economica greca: ” L’ euro è stato un grande esercizio di democrazia: per oltre un decennio, in ogni Paese le ragioni della politica hanno prevalso su quelle della finanza internazionale (sic). Ma il credito agli Stati dell’ Eurozona aveva come unica garanzia la credibilità dei loro governi nell’ esercitare la sovranità sul debito. I paesi oggi in crisi sono quelli che hanno violato la fiducia dei mercati e perso ogni credibilità, a causa delle loro politiche.E ora non trovano più chi sia disposto a finanziarli, se non pagando forti premi, per compensarli del rischio che, per l’ ennesima volta, gli Stati esercitino la loro sovranità, dichiarando default. Questo lo definirei dominio della politica sui mercati finanziari”.(nandocan)