Pur con la speranza che si tratti di una questione interpretativa ormai superata (lo si capirà tuttavia soltanto dal nuovo testo dell’articolo 2 della riforma costituzionale) riprendo alcune considerazioni del noto costituzionalista Alessandro Pace apparse ieri con questo titolo sul Fatto Quotidiano. Come e perché la cosiddetta elezione indiretta dei senatori non può considerarsi tale ed è in contrasto con l’articolo 1 della nostra Costituzione (nandocan).
Del pari inesatto è sostenere che l’elezione dei componenti del Bundesrat sarebbe indiretta. Il modello vigente costituisce una conseguenza dell’ordinamento federale instaurato dalla Costituzione imperiale del 1871, che mantenne in vita gli Stati preesistenti trasformandoli in Länder, mentre l’unificazione monarchica italiana li soppresse del tutto (di qui la difficoltà storica più che giuridica di trasformare il nostro Senato in una specie di Bundesrat). Il Bundesrat tedesco è quindi costituito non da parlamentari, ma dai 16 Länder rappresentati dai rispettivi Governi, nella persona di uno o più rappresentanti, che, a seconda dell’importanza del Land, hanno a disposizione da 3 a 6 voti per ogni deliberazione.
Quand’è, allora, che si può correttamente parlare di “modello indiretto”? Risposta: solo quando i cittadini eleggano i Grandi elettori, e questi, a loro volta, eleggano i senatori (Leopoldo Elia). Il che appunto avviene in Francia, dove sono i cittadini ad eleggere i 150 mila Grandi elettori che dovranno eleggere i 348 Senatori, laddove in Italia non sarebbero i cittadini, ma poco più di mille consiglieri regionali e provinciali a dover eleggere solo 95 senatori.
In conclusione, le ragioni in base alle quali il Senato dovrebbe continuare ad essere direttamente eletto sono assai serie. Direi, anzi, indiscutibili. Esse discendono da ciò: poiché anche dalla riforma Boschi gli è riconosciuta la spettanza delle funzioni legislativa e di revisione costituzionale, sarebbe manifestamente incostituzionale se le rispettive deliberazioni, vincolanti per tutti i cittadini, non rinvenissero la loro legittimazione nel voto dei cittadini. Nel proclamare che «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», l’articolo 1 della nostra Costituzione garantisce infatti che la funzione legislativa e la funzione di revisione costituzionale – massime espressioni della sovranità popolare – debbano essere riconducibili «alla volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare» (così la Corte costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014).
Beninteso, l’elettività del Senato è solo uno dei molti punti critici della riforma Boschi, ma è di grande importanza. Il riconoscimento del suffragio universale per il Senato ha infatti l’indiscutibile merito di evitare – almeno in linea di principio! – che la scelta dei candidati alla carica di senatore sia coinvolta nelle beghe e negli scandali che notoriamente coinvolgono la politica locale.