C’è poco da scherzare, l’Europa aspetta da 7 anni, c’è voluta una lunga, sorda battaglia perchè Draghi imponesse ai tedeschi, e ad altri tardigradi del nord, quello che era indispensabile, e sarebbe terribile sprecare l’occasione. Quando sento Paolo Mieli (ieri dalla Gruber) dire che il vero problema è la minoranza Pd, che bisogna lasciar fare a Matteo Renzi tutto quello che sta facendo, beh, non vedo tanto il declino senile di un intellettuale da sempre troppo cortigiano. No, avverto il comune sentire dell’italica classe dirigente, e dunque un po’ del paese.
Comprate l’Espresso e leggete l’intervista di Renzi a Marco Damilano. Meno voti (per il Senato e le Province non si vota più), doppio turno con la sicurezza di poter decidere chi resterà al comando per 5 anni. A funzionari ministeriali o contractors assunti all’uopo Renzi vuol poter dire “non ditemi quale sia la vostra visione del mio programma, ditemi come realizzarlo” (citazione da House of Cards) , al Pd Renzi dice (nell’intervista a L’Espresso) che può tornare “a un modello dove tornino gli iscritti con la tessera in tasca”. Tanto ormai serve solo un partito macchina del consenso per un leader scelto con le primarie ed eletto dal popolo. Il quale leader già sconta che il suo primo avversario politico sarà Landini (sempre l’Espresso). Lo schema c’è. Lo definirei un modello di democrazia autoritaria. Ritengo che la ripresa non entrerà nelle tasche e nella mente delle nostre famiglie se resterà così forte (anzi diventerà più forte) il divario tra i ricchissimi e tutti gli altri. Sono convinto che la priorità dovrebbe essere (e non sarà. Basta aver sentito Scarpinato e Saviano ieri a Servizio Pubblico per sapere che non sarà) la lotta a corruzione e mafie. Ma il premier ha un piano. Nessuno lo sottovaluti.
Giannelli mostra Renzi che stringe la mano di Putin e nasconde il fiore per Nemtsov. Più o meno è così. Le sanzioni non piacciono ai russi e danneggiano gli imprenditori italiani che il premier ha incontrato a Mosca. La Russia appoggerà all’ONU un piano per la Libia (politico o militare, si vedrà) che comprenda un ruolo guida per l’Italia. Matrimonio d’affari. Senza bisogno della dacia, del lettone, nè delle belle russe. Tutto ciò – ha ragione Mieli -, ora che riemerge dalle carte su Berlusconi, puzza di stantio. “Papi e le sue bambine. Portami la giornalista”, scrive il Fatto e sembra giurassico. Abbiamo banalizzato il sesso, riprodotto e sbirciato l’accoppiamento nella latrina di due ragazzi, sdoganato la violenza nel coito e il piacere del soffrire, francamente il satirismo del vecchio mister B appare patetico. C’è il reato? Sì, e allora? Accetti la gogna, scordi lo spasso da leader e torni agli affari. C’è posta,e posto, per lui.
Come avrete capito, non ho voglia stamani. Volo a Parigi per discutere del mio “Caffè Amaro”, con Canonica e Lazar, alle 19 a “La libreria”. Ve ne racconterò, magari, stasera.