Un accordo imminente tra Grecia e UE? Non solo. Mediatori occulti sono anche gli Stati Uniti, più interessati alla strategia che all’economia. Il pericolo vero visto dagli strateghi americani -spiega Antonino Di Stefano- è che la Russia possa fare perno sulla Grecia per scardinare la Nato e insediarsi nel Mediterraneo. Dal magazine di Ennio Remondino, “RemoContro”, un contributo interessante all’analisi del problema greco dal punto di vista geopolitico (nandocan)
In realtà, l’interesse dell’America non è solo sulla stabilità dei mercati finanziari, ma si allunga a questioni molto serie di strategia militare e di geopolitica. Il paventato avvicinamento di Tsipras a Putin è stato visto con molto sospetto. Nonostante la chiara connotazione di una furba mossa vagamente ricattatoria. Obama si è subito speso con la Merkel per fronteggiare questa eventualità. Razionalmente, le possibilità di manovra di Putin, in questo momento, sono molto scarse: può fare ben poco per la Grecia. Il prezzo basso del petrolio, le questioni interne, la crisi ucraina, il riarmo (ha annunciato l’installazione di 40 missili nucleari più avanzati degli attuali Topol), non lo aiutano. Ha lanciato una ciambella di salvataggio a Tsipras, con l’idea di un oleodotto che dovrebbe passare attraverso la Grecia, senza il controllo di Gazprom sulla struttura, che sarebbe lasciato ai greci, ma è tutto da vedere. Il pericolo vero, paventato dagli strateghi americani è che la Russia possa fare perno sulla Grecia per scardinare la Nato e insediarsi nel Mediterraneo.
Una strategia – quella mediterranea – da sempre perseguita, fin dal tempo degli Zar. Negli anni settanta del secolo scorso l’ex Urss era riuscita in qualche modo a perseguirla. Con un porto a sua disposizione a Latakia, in Siria, diritti di attracco e rifornimento ad Alessandria d’Egitto, ancoraggi in vista delle coste libiche, sulle secche di Kerkennah. Il dissolvimento dell’Unione Sovietica ha spazzato questo dispositivo. La flotta russa, o meglio quel che ne era rimasto, si è rifugiata in mar Nero e, per il momento, il discorso sembrava chiuso. Le mire espansionistiche di Putin, che possono essere anche interpretate come manovre difensive contro una Nato sempre più incombente ai suoi confini, hanno portato all’occupazione della Crimea e dei suoi porti. Una puntata in Mediterraneo della flotta russa non guasterebbe, data la strettoia dei Dardanelli, da sempre considerata dalla ‘Voenno Morskoi Flot’ come un handicap insopportabile.
L’America, dal canto suo, la sua guerra sotterranea, e mai dichiarata, la stava già combattendo. Sul piano finanziario, destabilizzando l’Europa (dopo il caso Lehman Brothers, la finanza anglosassone si è lanciata sul debito sovrano dell’Europa mediterranea) e stroncando sul nascere le sue mire economiche e commerciali verso la Russia. A ciò è servita la crisi in Ucraina e le relative sanzioni. Ma non è bastato. Quindi, manovre militari nei Paesi baltici, invio di un contingente dimostrativo a Livov, in Ucraina, pressione alle frontiere. La Grecia ha rischiato di scompaginare questo dispositivo. Una falla di quella portata, con i Russi insediati al Pireo e nelle isole greche, magari un aerodromo militare ceduto in comodato dall’aeronautica greca, sarebbe stata insopportabile. Per non parlare dei materiali della difesa greca, oggi occidentali (con USA, Francia, Germania ed Italia in primo piano), ma che la Russia sarebbe stata ben lieta di convertire con suoi prodotti e suoi standard. Non è difficile, quindi, immaginare un presidente Obama costantemente impegnato al telefono con Merkel ed Hollande per trovare una onorevole soluzione. E non a caso sono stati proprio questi due ad esporsi maggiormente nelle trattative greche. Il tempo, comunque, ci dirà.
*il grassetto è, come sempre, di nandocan