Ringrazio l’amico e collega Livio Zanotti, che i meno giovani ricorderanno come corrispondente da Mosca e poi dall’America latina della RAI, per avermi inviato questa analisi non conformista del voto spagnolo (nandocan).
***di Livio Zanotti, 22 dicembre 2015 – La Spagna all’ italiana scatena ancor più suggestioni della Francia divisa ultimamente tra repubblicani e repubblichini (così risulta l’ opposizione socialisti-Sarkosy vs. lepenisti). La pigrizia mentale della gran parte dei commentatori riduce nondimeno tutto ad anti-politica. Tale sarebbe in Spagna l’aver negato il voto ai due partiti tradizionali, popolari (PP) e socialisti (Psoe), che dal ritorno della democrazia, quasi 40 anni fa, si sono alternati al governo.
Sebbene i due nuovi concorrenti affermatisi a livello nazionale – Podemos a sinistra, Ciudadanos (C’s) a destra – agiscano all’ interno della Costituzione e del sistema politico, pur chiedendone correzioni e aggiornamenti significativi che però non li snaturano. Del resto sono entrambi scaturiti dagli effetti della globalizzazione e dalla bancarotta endemica dei derivati finanziari nel 2008. Il risultato elettorale del 20 dicembre viene indicato adesso come un terremoto che sconvolge l’ assetto del sistema post-franchista. Ma dov’è il suo epicentro?
Più d’uno tra Madrid e Barcellona e l’ ex premier Felipe Gonzalez per primo si chiedono come faranno gli spagnoli a governare all’ italiana senza italiani. Cioè senza la nostra duttilità machiavellica. E certamente nessuno può escludere ulteriori scivoloni. La congiuntura economica è pesante. La formazione del nuovo governo richiederà inventiva, tempo e pazienza. Abilità già note e praticate peraltro da tempo nel Paese Basco e in Catalogna, per fare solo due esempi.
In quelle due regioni, infatti, il maggiore dinamismo economico oltre alla questione indipendentista hanno storicamente frazionato il voto assai più che nel resto del paese e reso inevitabili quindi governi di alleanza, così come adesso sarà necessario fare per quello centrale. Anche le Cortes hanno possibilità di riuscire a esprimere quindi il loro governo. Dispongono di 2 mesi per farlo. Si tratta di trovare uno sbocco alla questione sociale. La politica esiste per questo.
Indicato a lungo come il sale della democrazia, il bipartitismo deperisce un po’ dappertutto. In misura clamorosa in Europa, tendenzialmente in Sudamerica, con forme meno dirette ed esplicite ma comunque di qualche significato anche negli Stati Uniti. In quest’ultimo paese, il periodico affiorare di un terzo partito resta puntualmente lontano dal consolidarsi. Ma è sempre più frequente l’ apparire di candidati eccentrici rispetto al baricentro moderato di democratici e repubblicani, da Ross Perot a Donald Trump.
E proprio in questa campagna per le elezioni presidenziali dell’ anno prossimo appare un fattore di gioco inedito, che per il costo vertiginoso e crescente della contesa potrebbe infine fare la differenza. E’ l’industria tecnologica della west coast e in particolare della California, la più globalizzata, che per la prima volta interviene nelle primarie d’ entrambi i partiti anche se prevalentemente lo ha fatto a tutt’ oggi con i democratici, contrapponendo i propri finanziamenti a quelli tradizionali di Wall street.
Industria vs. Finanza? C’è chi lo sostiene e comunque l’ipotesi merita una verifica. Niente del genere si profila comunque in Europa, anche perché nel nostro continente le manifatture costituiscono il grosso dell’ industria, la cui dipendenza dal sistema bancario è totale. Però osservato in quest’ ottica, il deperimento del bipartitismo e dello stesso sistema democratico di cui è un fulcro storico, permette di vedere le faglie economiche e sociali del terremoto elettorale spagnolo (e francese).
Anti-politica? Ma la partecipazione degli spagnoli alle urne è stata massiccia, hanno votato i tre quarti degli aventi diritto. E’ piuttosto vero il contrario: la richiesta espressa dal voto è di più rappresentanza, più dibattito, più verità, più politica. Il rischio d’ ingovernabilità esiste, ma è nella sostanza delle cose. La società spagnola almeno per la metà ha detto di voler discutere gli effetti della globalizzazione e ha spinto nuovi interlocutori nelle istituzioni. Ha ampliato la platea degli interventi.
Il movimento tellurico è stato avviato dalla globalizzazione che ha integrato i mercati, favorito la crescita di aree emarginate, ma anche dissestato interi sistemi produttivi in zone centrali del mondo prima che venissero sostituiti da altri, espellendone milioni di lavoratori e soffocando l’ accesso al lavoro di altrettanti giovani. La linea di faglia è marcata da disoccupazione, deterioramento del welfare, corruzione, debito pubblico. La crisi del bipolarismo è l’ effetto centrifugo della concentrazione finanziaria da un lato e della frammentazione del lavoro dall’ altro.