Per la frequenza con cui si fanno da noi le riforme della scuola, qualcuna di queste idee potrà essere tenuta presente da un altro governo tra un anno o due (nandocan)
La scuola dovrebbe essere gratuita e accessibile a tutti. I molti servizi che dovrebbero renderla tale, come le spese per i libri di testo, i trasporti e i pasti, ci testimoniano però una realtà diversa: la nostra scuola è poco accessibile.
Siamo costretti a scegliere il nostro futuro a tredici anni, venendo catalogati rigidamente in licei, istituti tecnici e professionali. Questa separazione diventa sociale, culturale ed economica, determinando una discriminazione tra studenti di serie A, B e C, secondo la legge fascista di Gentile del 1923.
Questa scuola ci insegna e poi ci valuta attribuendoci dei numeri, comparandoci senza considerare condizioni di partenza, percorso svolto e diversità di tempi e modi di apprendimento. Alla fine ci seleziona, ci dice se siamo idonei o meno agli standard e la soluzione per chi non ce la fa è ricominciare tutto da capo.
I percorsi sono prestabiliti: alcuni di noi sanno già che dopo le superiori andranno subito a lavorare, sempre che il lavoro si trovi, altri inizieranno l’università.
La nostra scuola dovrebbe essere “aperta” dalla riforma del 1996, ma in diciannove anni si è chiusa sempre di più, mancando i soldi e il personale per renderla accessibile il pomeriggio. Per gli studenti non è possibile organizzarvi attività autogestite. Anche avere un’aula studio è un problema.
Ancora oggi viviamo lo stesso modello educativo dei nostri nonni: lezioni discorsive, frontali, carichi di studio a casa pesantissimi, verifiche orali e scritte organizzate secondo le esigenze dei singoli docenti, il tutto moltiplicato per ogni disciplina. Questa didattica è trasmissiva e passiva.
In tutto questo, a dispetto dell’Autonomia, la nostra voce in capitolo nelle scelte chiave è minima o nulla, dall’offerta formativa della scuola all’organizzazione della didattica. La scuola di oggi non ci piace perché la subiamo, in ogni suo aspetto. Questo modello non funziona più nella società del III millennio, dell’era della globalizzazione e della digitalizzazione. Forse sarà anche a causa di questo che tanti di noi, appena possono, se ne vanno, non terminando il percorso di studi.
L’Italia distrugge in questo modo la possibilità per molti di noi non solo di essere cittadini istruiti, ma anche uomini e donne consapevoli.
Per questo vogliamo un cambiamento radicale della scuola a partire dall’idea che in quanto spazio pubblico, questo è spazio unico e inclusivo di tutte le forme di sapere, di imparare e di essere.
Il Governo sta elaborando la proposta della Buona Scuola. Noi proponiamo invece una scuola che non sia solo buona, ma fatta di tutti questi aggettivi: pubblica, inclusiva, accessibile, aperta, laica, democratica, giusta. Perché il vero cambiamento si fa con un disegno complesso e con una direzione precisa.
Oggi proponiamo questo disegno e vogliamo discuterlo: se qualcuno voleva davvero gli studenti protagonisti, oggi lo accontentiamo. E chiediamo ancora un tavolo di discussione e contrattazione. Se non saremo ascoltati, lotteremo per le nostre idee con tutti gli strumenti che abbiamo, finché non otterremo il cambiamento che vogliamo. Perché noi pretendiamo di essere protagonisti, non aspettiamo che qualcuno ce lo conceda.