Inutile dire che la casistica del male era infinita e andava attentamente vagliata ad ogni esame di coscienza. Classificato anche il bene: grazia attuale, grazia santificante. Virtù morali, cardinali (4), teologali (3). Che cosa rimane di questa anatomia morale nell’educazione cattolica dei giorni nostri? Poco, immagino e spero, ma non ne ho idea. Posso provare a chiedermi che cosa rimane in me di quella esperienza infantile e adolescenziale, con riferimento alle tre virtù teologali, che erano e restano le più importanti.
Fede. Dio solo sa se (Lui) esiste veramente. Io esisto e mi limito a credere. Che cosa? Quello che l’inevitabile ricerca di un equilibrio interiore mi induce a credere. In questo senso, mi pare, tutti possiamo dirci credenti. Di fronte al mistero, innegabile, dell’esistenza, la fede in Dio può essere una risposta valida come la mia. La fede del mistico, intendo. Miracoli a parte, il Vangelo può essere ancora inteso come “la buona novella”. Dogmi e speculazioni teologiche mi appaiono per lo più incompatibili con quanto suggerito dalla ragione.
Speranza. Non spero nell’ al di là. Anzi, volgendomi attorno, mi accorgo che diventa difficile anche sperare nell’al di qua. Pazienza. Finché resta la bellezza, la vita continua ad essere degna di essere vissuta.
Carità. Parola che ricorre in San Paolo ma non nel vangelo, che parla piuttosto di amore, ma potrebbe essere un problema di traduzioni. Amo il mio prossimo come me stesso? Non quanto vorrei. Amo i miei nemici? Non credo di averne. Ma se tutti seguissimo questo comandamento, questo soltanto, avremmo finalmente il paradiso in terra.